Billie’s Bounce è uno di quei pezzi che ogni jazzista prima o poi incontra sulla sua strada.
È un blues in 12 battute, ma non ha niente di “facile”. Lo scrisse Charlie Parker nel 1945, durante una delle sessioni più importanti della storia del jazz. C’erano: lui al sax, un giovanissimo Miles Davis alla tromba (appena 19 anni), Max Roach alla batteria, Curley Russell al contrabbasso e – sorpresa – Dizzy Gillespie al pianoforte, perché il pianista previsto (Bud Powell) non si presentò.
Il titolo è un omaggio a Billie Shaw, figlia di Billy Shaw, agente di Parker. Non c’entra nulla con Billie Holiday, anche se il nome può trarre in inganno.
Il pezzo uscì per la Savoy Records insieme ad altri classici come “Now’s the Time” e “Ko-Ko”. È un blues, sì, ma fatto alla maniera di Bird: tema semplice, ma pieno di swing e aperture per improvvisare con libertà.Billie’s Bounce” ha continuato a muoversi nel tempo, riletto da decine di artisti: Rollins, Jarrett, Wynton Marsalis… ognuno ne ha tirato fuori qualcosa di diverso.
Charlie Parker (1945) – La versione originale. Bird è in stato di grazia, e c’è già tutto: il fraseggio tagliente, il ritmo instabile ma coinvolgente. Si racconta che durante le prove della storica sessione del 26 novembre 1945 per la Savoy, Miles Davis, ancora insicuro e poco esperto, avesse qualche difficoltà con le prime battute di Billie’s Bounce. Charlie Parker, notando l’incertezza, si avvicinò e gli disse sottovoce, scherzando: “Se non reggi un blues, come fai a reggere Bird?” Tutti risero, compreso Miles, che si fece rosso ma non si tirò indietro.
A quel punto intervenne Max Roach, che col suo solito aplomb gli disse: “Segui me, non il tema. Ti ci porto io.” E così fu. Roach iniziò con un groove leggermente più marcato del solito, quasi a guidare Miles passo per passo. Quando finì il primo take, Parker annuì e disse solo: “Good. Now let’s play it for real.”
Quel “primo take” divenne poi la versione ufficiale del disco. E anche se Miles non era ancora il Davis che tutti avrebbero conosciuto, quel giorno cominciò a farsi le ossa tra giganti.
Versioni piu importanti :
Miles Davis (anni ’60) – Lo riprende dal vivo con il suo secondo quintetto. Il sound è più aperto, il ritmo elastico, meno bebop e più modale.
Sonny Rollins – Lo suona spesso nei live. Rollins ama partire dai temi semplici per costruire lunghi assoli narrativi, e qui lo fa benissimo.
Keith Jarrett Trio (anni ’80) – Con Peacock e DeJohnette, lo porta su un terreno più lirico, ma con grande rispetto per la forma.
Wynton Marsalis (2005) – Una versione potente, swingante, fedele allo spirito del pezzo, ma con l’energia cruda del live.
Oggi è uno dei brani più suonati nelle jam session. Non perché sia semplice, ma perché mette a nudo tutto: fraseggio, timing, idee. Se suoni Billie’s Bounce e non hai niente da dire, si sente subito.
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