Ray Noble, compositore e direttore d’orchestra britannico, compose Cherokee come parte della sua Indian Suite, impreziosita da una struttura armonica sofisticata e da un ritmo incalzante.
Questa celebre partitura ha rappresentato una vera sfida per generazioni di musicisti e ha giocato un ruolo fondamentale nella nascita del bebop.
Il brano presenta la classica struttura AABA di 64 battute, con rapide inversioni armoniche alimentate da diverse tonalità (B maggiore, A maggiore e G maggiore) prima di tornare alla tonalità principale in Si♭ maggiore, un vero banco di prova per qualsiasi musicista jazz capace di cimentarsi nell’improvvisazione musicale.
Considerato uno dei brani più rivisitati e apprezzati da jazzisti di ogni epoca, il caso più celebre è quello di Charlie Parker, che dedicò anni allo studio del pezzo, suonandolo in tutte le 12 tonalità: un esercizio fondamentale per lo sviluppo del suo rivoluzionario linguaggio bebop.
Un aneddoto racconta che Parker fosse così affascinato da Cherokee da basare su di esso la struttura armonica di Ko-Ko, uno dei brani più rappresentativi del bebop. Per lui, Cherokee non era solo una composizione complessa, ma una tela su cui sperimentare nuove idee melodiche e armoniche.
Le versioni più iconiche:
Charlie Barnet (1939) – La sua big band registrò una delle prime versioni definitive del brano, trasformandolo in un successo radiofonico.
Art Tatum – Il leggendario pianista ne fece una versione in solo che mette in luce la sua incredibile tecnica e la sua capacità di reinventare ogni melodia.
Bud Powell (1951) – Il pianista bebop realizzò una versione superlativa di Cherokee, caratterizzata dal suo inconfondibile tocco pianistico, veloce e preciso nella ritmica. Il suo stile innovativo contribuì a rendere il brano ancora più impegnativo e complesso per i pianisti successivi.
Sarah Vaughan (1955) – Con una versione cantata che rende omaggio al “coraggioso guerriero indiano”, dimostrò come il jazz potesse adattarsi a una sensibilità più lirica e moderna.
Clifford Brown (1955) – Nell’album A Study in Brown, presenta la sua interpretazione caratterizzata da un assolo superlativo, ancora oggi studiato dai trombettisti.
Wes Montgomery (1965) – Il chitarrista, con la sua caratteristica tecnica a ottave e il suo fraseggio fluido, portò Cherokee in una nuova dimensione, dando al brano un sapore più melodico.
Kamasi Washington (2015) – Con l’album The Epic, Washington reinterpretò il brano con un approccio moderno e innovativo, mescolando jazz contemporaneo e influenze soul.
L’influenza del brano va oltre il bebop tradizionale: molti compositori jazz hanno preso spunto dalle sue progressioni armoniche per nuove creazioni o per esercizi didattici volti a migliorare l’improvvisazione. Cherokee è una pietra miliare della storia del jazz. Da Ray Noble a Charlie Parker, fino alle reinterpretazioni più recenti, questo brano ha attraversato epoche e stili, ispirando generazioni di musicisti a superare i propri limiti tecnici e creativi. Ogni versione racconta una storia diversa e affascinante.
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